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LA QUASI SECONDA VOLTA


di Soonia
15.01.2013    |    7.891    |    1 8.0
"Mentre continuava a dire che secondo lui io ero del genere che avrebbe apprezzato divertirsi con lui, però, mi balenò un’altra idea: pensai che magari non..."
LA QUASI SECONDA VOLTA
Chi ha letto la mia precedente confessione saprà perché nel titolo c’è la parola “seconda”; per chi non avesse avuto la pazienza di leggere la prima … non fa nulla. Quasi seconda perché non è stata una seconda volta, bensì una strana e particolare avventura di un pomeriggio di primavera di quando avevo quindici anni, se ben ricordo.
Erano diversi anni oramai che ero abituata in segreto a indossare i vestiti di mia sorella, anche se non avevo ancora capito granché della mia natura. C’era molta confusione nella mia testa: da un lato mi sembrava normale e naturale mettere abiti femminili, dall’altro mi sentivo come uno scherzo della natura, una specie di mosca bianca. Ma queste cose non c’entrano molto con ciò che avvenne quel pomeriggio. Chi ha già letto il mio precedente racconto sa già che vergine non lo ero più da un po’; in quel periodo andavo a prender lezioni di tennis in un club fuori città. Finita la lezione c’era un solo bus che passava una sola volta ogni ora per portarmi a casa e così, quando si perdeva la corsa, toccava aspettare per strada per un bel pezzo oppure fare l’autostop nella speranza che qualche automobilista di passaggio mi caricasse per portarmi – se non proprio a casa – almeno a una fermata successiva per prendere un altro mezzo.
Fu così che quel giorno, come feci altre volte, me ne stavo sul ciglio della statale col pollice alzato e la sacca del tennis nell’altra mano quando accostò un’utilitaria un po’ vecchiotta e malandata. Corsi subito e vidi la portiera aprirsi, dissi più o meno dove dovevo andare e l’automobilista mi disse “sì, va bene, monta su che almeno ti ci porto vicino”.
Era un uomo che, da quanto ricordo, doveva aver passato la sessantina già da un pezzo; brutto, trascurato, aveva un’aria molto trasandata, la pancia tonda e prominente e non aveva un’aria del tutto rassicurante. Si sa: quando si fa l’autostop non si può essere proprio schizzinosi nei riguardi di chi ha il buon cuore di darti uno strappo, né dell’auto che ti trasporta, ma appena seduta pensai che addirittura il pilota era messo molto peggio della stessa vecchia auto che guidava. Ho sempre avuto un debole per le persone mature, anzi devo confessare che i miei sogni più proibiti fin da giovanissima avevano per protagonisti proprio uomini in là con gli anni … ma questa è un’altra storia e il tipo che mi aveva caricata era proprio vecchio e ben poco desiderabile.
Cominciò subito a parlare, a chiedermi del tennis, di che classe facessi etc. Guidava piano e io non mi sentivo tanto tranquilla in quella macchina in compagnia di quel tipo spiacevole con lo sguardo allucinato. Poi, di punto in bianco, cambiò discorso e cominciò a dire che spesso gli capitava di dare passaggi ad autostoppisti e – cominciava a ridacchiare – di divertirsi spesso molto; distolse lo sguardo dalla strada e guardandomi disse: “lo so che voi ragazzi ci state con chi ci sa fare e che vi piace pure abbastanza”.
L’affermazione era inequivocabile, mi chiesi subito: ma come si sarà accorto di come sono io intimamente? mica ce l’ho scritto in fronte!? ero anche vestita in modo anonimo e completamente asessuato, giusto una normalissima tuta. Mentre continuava a dire che secondo lui io ero del genere che avrebbe apprezzato divertirsi con lui, però, mi balenò un’altra idea: pensai che magari non ero io ad averlo attratto o ad avergli lanciato messaggi con il mio aspetto o comportamento, ma forse veramente era uno che ci provava con tutti e – quindi – un vero e proprio maniaco. Come altro può definirsi uno che ti dà un passaggio con la pretesa di divertirsi con te? Certo – pensavo – sono capitata proprio bene oggi!
Di colpo anziché proseguire lungo la strada che doveva percorrere, svoltò a destra imboccando una strada isolata; io balbettai: “do-dove stiamo andando”? e lui ridendo rispose “da qui accorciamo un po’ e ci divertiamo pure. Non avevo dubbi che sarebbe successo; come se me la sentissi, pensai; e adesso? che si fa? magari sarà anche violento? o è solo un maniaco o …… non ebbi neanche il tempo di pensare a quello che mi stese accadendo che fermò l’auto sul bordo della strada proprio sotto due grossi alberi vicini, la cui chioma sfiorava quasi il tettuccio dell’auto; appena spento il motore allungò una mano verso la mia portiera e spinse in basso la sicura che letteralmente scomparve nello sportello. Ebbi l’impressione che mi avesse chiusa a chiave dentro, non vedevo altre levette per aprire lo sportello e – comunque – pensavo che probabilmente non mi avrebbe lasciata scendere tanto facilmente. Le foglie degli alberi sopra e intorno nascondevano quasi completamente l’auto e anche se qualcuno fosse passato a piedi vicino non si sarebbe neanche accorto che all’interno c’eravamo noi.
Ero allibita; devo confessare che la situazione non era poi del tutto spiacevole per me: solo in auto con un uomo in un posto isolato, ma in quel modo, con quel tipo brutto così brutto e vecchio e – soprattutto – con quell’aria da maniaco! Non pensai neanche minimamente alla possibilità di fuggire o chiedere aiuto, mi rassegnai solo con la speranza che non mi facesse del male. Si stava già tirando giù la zip dei pantaloni e sobbalzava sul sedile per mettersi comodo; io strabuzzai gli occhi … ma che vuole da me? … Che domanda stupida!
“Dài che lo so che a voi ragazzi piace, che siete tutti così, sapessi quanti me ne sono fatti!” diceva mentre mi fissava e con la mano si massaggiava la patta da sopra i pantaloni. Io ero immobilizzata, mi pareva che tutto fosse così veloce, che solo cinque minuti prima stessi facendo l’autostop sul ciglio della strada e adesso, invece, mi trovavo nel bel mezzo del nulla, invisibile, in un’auto vecchia e malandata con un vecchio satiro maniaco che chissà che mi avrebbe fatto di lì a poco. “Prendilo che te lo faccio assaggiare” gli sentii dire con voce melliflua mentre mi afferrava il polso della mano sinistra. “Scommetto che se ti portassi in auto sotto casa non vorresti neanche scendere e mi imploreresti di portarti qui per fartelo provare”. Accidenti! Non fosse per la paura che avevo, dovetti confessare che non aveva tutti i torti … e intanto letteralmente mi spiaccicò la mano che mi teneva ben salda per il polso sulla patta sbottonata. Non opposi resistenza.
Non decisi alcunché, anzi decisi di non decidere e di prendere la cosa così come si presentava, mi sarei messa a urlare e avrei cercato di scappare solo in caso di violenza o situazione preoccupante. Lui ripeté “prendilo, dài” e io seppi rispondere solo un flebile “c-c-c-cooosa?” intendendo che volevo capire cosa volesse fare, che rivelasse cosa aveva in serbo per me. Invece il tipo replicò alzando la voce “ti ho detto di prenderlo e assaggiarlo, hai capito?” proprio come se non avessi sentito e aprendo con la mano sinistra la patta già sbottonata ci infilò dentro la mia manina innocente che si trovò aggrovigliata nei suoi pantaloni fra le sue mutande e il suo membro.
Indossava delle mutande all’antica, tipo boxer bianchi lunghi di cotone con l’apertura davanti, infatti la mia manina si ritrovò a contatto con una stoffa liscia e umidiccia in alcune zone, non so se a causa del sudore o di qualche goccia di liquido seminale che aveva già emesso; due dita dovevano essere, invece, all’interno delle sue mutande e toccavano il suo membro non sapevo in che parte, non saprei se fossero i coglioni o il pene, sapevo solo che era una cosa molto pelosa. Appena toccato il suo sesso gli sentii uscire un “mmmmmm” dalla bocca, somigliava di più a un rantolo, a un mugugno che a un’espressione di godimento, scosse un po’ il mio polso invitandomi a masturbarlo e poi mi lasciò fare, come se fossi la sua amante abituata a quella pratica.
Cosa mi restava da fare? Opporre resistenza rischiando di provocare la sua collera e chissà cos’altro, o assecondarlo in qualcosa che, dopo tutto, mi aveva sempre allettato? Frugavo nella sua patta come se me lo fossi scelto io mentre il suo braccio, che prima mi costringeva a toccarlo, si allungò sullo schienale del sedile su cui ero seduta; sentivo il suo membro che pulsava, bagnato in alcune zone che quasi si dimenava dal piacere al mio tocco, mentre quel vecchio porco se ne stava con gli occhi chiusi e la testa reclinata sullo schienale del sedile convinto di aver sedotto l’ennesima rappresentante della sua collezione di puttanelle. Io mi sentivo tranquilla: in quel momento la sensazione era piacevole anche per me e lui sembrava calmo e disteso, non sembrava una persona che avrebbe potuto o voluto diventare più violenta o farmi del male. Pensavo: vuole che gli faccia una sega e poi magari mi scarica qui e devo farmela a piedi fino alla prima fermata, cercavo di darmi da fare e di raccapezzarmi sull’orientamento del suo cazzo, aggrovigliato nelle mutande mentre era seduto non era facile sapere da dove afferrarlo e come menarglielo. Tentavo di estrarlo dai suoi pantaloni ma non ci riuscivo, è già complicato tirarlo fuori se è eretto, poi figuriamoci se il tipo ce l’ha grosso, peloso e se ne sta seduto. Riuscii comunque dopo un po’ di armeggiamenti a estrarlo con una sola mano. Ce l’aveva grosso e abbastanza lunghetto, ma soprattutto grosso e pieno di nervi e poi tanti tanti peli bianchi tutto intorno. A memoria lo confrontavo con l’unico membro eretto che avessi visto prima e mi pareva ancora più grande. Lui mi incitava e mi diveda “brava, brava, vedi come sai darti da fare”.
Ce la misi tutta per cercare di avere un tocco leggero ed eccitante, non mi dispiaceva toccarlo, finché la cosa rimanesse lì. Poi, mentre lo masturbavo, di colpo sentii la sua mano dietro la nuca che mi spingeva verso di lui, in basso e la sua voce bassa che diceva “succhialo!”
Era abbastanza nerboruto e muscoloso, doveva essere un uomo di fatica a giudicare dalle sue braccia forti, di colpo mi rovesciò la testa contro il suo ventre senza che io potessi opporre resistenza e mi ritrovai con il viso pressato contro il suo cazzone. Non avevo mai fatto un pompino, non ero vergine ma il primo ragazzo che mi aveva presa mi aveva solo sverginata dietro, non avevo mai succhiato un cazzo in vita mia prima di allora; per un attimo pensai: l’ho tanto sognato tantissime volte, avrei voluto farlo a tanti bei ragazzi e invece mi toccava sbocchinare un vecchio grasso e maniaco.
Mi teneva il viso premuto contro il suo uccello mentre i suoi rantoli aumentavano di intensità e con la mano sinistra si abbassava i pantaloni insieme alle mutande liberando il suo palo turgido e pelosissimo che sventolava libero davanti ai miei occhi strabuzzati. Era decisamente più grosso di quello che mi aveva sverginato il culetto ma anche più brutto da vedere, completamente scappellato, con le vene grosse grosse e lucido sulla cappella. Sentivo distintamente l’odore acre del suo sudore misto a un afrore che dopo anni avrei conosciuto bene come l’odore del maschio: un misto di liquido seminale, testosterone e sudore da eccitazione.
“Prendilo in bocca, frocetta …. succhiamelo tutto e fammi venire” diceva, tenendoselo dritto in pugno con la sinistra mentre con la mano destra mi aveva afferrato per i capelli dalla nuca e mi spingeva contro il suo cazzo dritto per mettermelo in bocca. Io cercavo di dimenarmi e di liberarmi dalla sua presa, ben sapendo che non ci sarei riuscita, ma almeno volevo ottenere che allentasse la presa. Constatavo che era inevitabile eseguire i suoi comandi ma almeno volevo farlo più comodamente e provare a valutare se mi piacesse spampinare un uomo, cosa che – ripeto – non avevo mai fatto prima di allora. A tratti allentava la presa mentre sentivo il suo palo rigido sbattermi contro il viso, a un certo punto mi lasciò sollevare la faccia, mi fissò e mi disse: non fare la schizzinosa che tanto lo so che ti piace e lo vuoi.
Non era del tutto sbagliato! anche se – forse – avrei preferito spompinare tutti i miei compagni del tennis uno dietro l’altro piuttosto che trovarmi in quella situazione; per evitare di essere di nuovo costretta a testa in giù gli scostai la mano dalla mia nuca e mi abbassai sul suo pene volontariamente. Cercai di baciarlo delicatamente, ma lui si inarcava per infilarmelo fra le labbra; io volevo annusarlo e forse leccarlo con la punta della lingua e – invece – sentii di nuovo la sua mano premere dietro la mia testa e il tipo che diceva: “apri la boccuccia, da brava, che te lo metto tutto dentro e poi ti premio con la mia sborra” e di colpo praticamente mi penetrò la bocca con quell’arnese fino in fondo, fino all’ugola. Quando fu tutto dentro mi tenne la testa premuta su suo cazzo mentre sospirava come uno che riemerge dagli abissi e riprende respiro dopo interminabili minuti di apnea, intanto non mollava la presa e agitava la mia testa a destra e sinistra. Io sentivo quel palo che mi soffocava fino in gola, cominciavo a sentire conati di vomito e non riuscivo a respirare neanche col naso, visto che premeva sul suo pube. Poi cominciò a guidare la mia testa su e giù lungo il suo membro; mi sentivo chiavata in bocca fino in fondo.
Gli piaceva, al porco; ma proprio tanto. A me – devo dire – non dispiaceva! Anzi, se non ci fosse stata quella forzatura della pressione della mano dietro la nuca avrei potuto esprimermi più liberamente, così dopo un po’ cercai di sollevargli la mano addolcendo i movimenti del lavoro di bocca, tentando di usare la lingua … ottenni solo il cambiamento dei suoi versi da “aaaaaahhh” ad “ooooohhhh”. Mi lasciava fare, poi ogni tanto riprendeva a spingermi ritmicamente la testa per farmi ingoiare il suo cazzo.
Non sapevo che ci volesse tanto per far venire un uomo con la bocca, dovetti fargli un bocchino bello lungo; dopo diversi minuti cominciai a usare le mani per carezzargli le palle mentre lui mi incitava, ma non ebbi il tempo di stabilizzare la mia azione che sentii un “OOOOHHH” più forte degli altri e un fiotto bollente e viscido sputarmi il primo schizzo del suo sperma dritto in gola. Dopo il primo mi tenne la testa ferma con tutte le sue forze e, inarcando il bacino mi piantò letteralmente la cappella fino in gola mentre continuava a schizzare sempre più copiosamente e velocemente.
Era proprio una marea, un allagamento di sborra calda e viscida; aprii la bocca istintivamente per farla defluire; quella sparata in gola non potei far altro che ingoiarla. Mi restò ferma in gola fino al mattino dopo, non ne voleva sapere di scendere anche se bevvi litri di acqua; il resto scolò dalla mia bocca lungo il suo uccello e restò intriso nella folta peluria. Finalmente ero libera dalla morsa della sua mano nerboruta e rialzai la testa. Tossivo e mi veviva da rimettere e da ingoiare al tempo stesso, ma ciò che deglutivo non era la mia saliva! il suo pistolone ancora emetteva le ultime stanche gocce di sperma, mentre il succo che gli avevo munto con la bocca ancora colava dalla cappella fino ai coglioni, come la cera che cola da una candela rimasta accesa per ore e ore. Sentivo il suo sapore acre sulla lingua e cercai di ripulirmi le labbra mentre lui ancora gemeva. Mi venne da pensare: e adesso? Magari appena venuto è un po’ più tranquillo e posso chiedergli di accompagnarmi sulla strada, non credo che gli verrà l’idea di sodomizzarmi … anche perché un uomo di quella età, dopo esser venuto, ci starebbe un bel po’ a pompare prima di venire per la seconda volta. Per un attimo, ma solo per un attimo, mi lasciai allettare dall’idea di essere scopata a lungo da quel panzone rivoltante in quella auto. Guardando il prodotto del mio lavoro di bocca ebbi anche la voglia di leccargli il seme che era scolato alla base del pene, per ripulirlo; tanto me ne aveva fatto ingoiare anche più di due boccate piene. Mi trattenni solo per paura che si eccitasse di nuovo e diventasse violento. Mi sentivo non male …. Sentivo come una specie di sensazione di potenza vedendo il vecchio porco in deliquio dopo l’orgasmo che gli avevo provocato col mio bocchino. Così perentoriamente gli dissi “adesso riaccompagnami!” Lui si asciugò malamente con un fazzoletto il liquore ancora caldo e si ricompose; in trenta secondi riaccese il motore, girò la macchina e ripercorse a ritroso la strada senza dire neanche una parola. Evidentemente doveva essere soddisfatto della mia opera.
Mi lasciò pochi chilometri oltre, in prossimità di una fermata principale dei bus; accostò e sporse la mano per aprire la portiera: si aprì semplicemente senza bisogno di alzare la sicura o fare chissà che altro. Scendendo dissi “grazie!”, lui era girato dall’altra parte e non rispose alcunché. Richiusi la portiera e la macchina schizzò via; davanti alla pensilina dei bus c’era un mio compagno del tennis che era andato via dal club poco prima di me che dopo un po’ mi disse: “sto morendo di sete, hai qualcosa da bere in borsa che io ho finito la mia acqua?” Gli risposi che non avevo niente da offrirgli perché l’avevo bevuta già tutta … l’acqua”.
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